Spesso navigando nel web ci si imbatte in pagine e profili alle volte davvero interessanti. Questo è capitato quando in Art Academy durante uno dei nostri Brain Storming, tra una idea e l’altra scorrendo i profili IG, abbiamo Visto la prima volta il profilo d Giorgia Massari Art Curator. Io ed Home ci siam chiesti: “di cosa si occuperà?”. “Chiediamoglielo, mal che va ci insulta e se ci va bene ci concederà una intervista”. Così è stato, in Art Academy, (fattispecie io e Alex) siamo abituati al peggio, ma Giorgia si è dimostrata educata e simpatica, e come vedrete ci ha concesso questa intervista. Buona lettura.
Intervista di Alexader Home e Hugo P
Innanzitutto, vorrei ringraziare Alexander e Hugo per avermi chiesto di partecipare a questa intervista, sono contenta e lieta di rispondere alle vostre domande e farvi scoprire qualcosa sul mio lavoro.
Dove sei nata?
Sono nata a Milano, al San Raffaele, ma non sotto la cupola con l’angelo, ancora non esisteva.
Piatto preferito?
Questa è una domanda difficile, solitamente impiego almeno mezz’ora al ristorante per scegliere una portata e lo stesso accade dal gelataio, anche se alla fine la mia scelta ricade sempre sui soliti due gusti: yogurt e cioccolato. Tornando alla domanda, la pizza fatta in casa e il sushi se la giocano duramente. Forse dipende dalle giornate, oggi però vince la pizza.
Che genere di musica preferisci?
Ascolto principalmente musica indie e punk-rock, anche se in realtà non disdegno nessun tipo di musica. Come nell’arte, sono alla costante ricerca di nuovi stimoli. Il mio animo sensibile mi porta ad ascoltare prevalentemente musica romantica e triste che si addice anche alle giornate più felici.
Veniamo al dunque; qual è il tuo lavoro?
Il mio lavoro è quello che si può definire con il nome di “art curator” ovvero curatrice d’arte. Attualmente collaboro con la galleria d’arte M.A.D.S. con sede a Milano. L’approccio di questa galleria è senz’altro inconsueto: le opere d’arte infatti vengono esposte non in modo fisico, come accade generalmente, ma attraverso un sistema digitale. La galleria è infatti dotata di schermi, proiettori e touch screen che permettono ai visitatori di entrare in diretto contatto con le opere, azione che normalmente non è possibile effettuare, anzi, bisogna sempre tenere una certa distanza dalle opere per evitare di danneggiarle. L’approccio rivoluzionario di questa galleria ha un effetto diretto anche sul mio lavoro infatti, in concreto, mi occupo di selezionare gli artisti che partecipano alle mostre organizzate mensilmente dalla galleria e successivamente di scrivere un testo critico delle loro opere, oltre al lavoro di stima dell’opera. Il lavoro però non si ferma qui, ciò su cui punta il team M.A.D.S. è la promozione internazionale: le mostre sono visibili in streaming per l’intera durata della mostra e tramite i nostri social svolgiamo un grande lavoro di advertising, sfruttando i social per supportare il lavoro degli artisti e farlo conoscere al mondo.
Ci stiamo ancora scaldando.
Cosa ti piace maggiormente del tuo lavoro? La cosa che più mi motiva e mi soddisfa è il legame che va a crearsi con gli artisti con il quale lavoro: il continuo scambio di opinioni e di pensieri è sicuramente molto stimolante, ancor di più dettato dal fatto che la maggior parte degli artisti con il quale lavoro sono stranieri, dunque ho la possibilità di confrontarmi con diverse culture e visioni di pensiero. Inoltre, amo moltissimo la fase di ricerca e di studio che precede la stesura di un testo critico e, allo stesso tempo, il momento della scrittura. Una delle mie più grandi passioni è proprio la scrittura, mi piace giocare con le parole e molto spesso mi addormento pensando a cosa scrivere nel prossimo testo.
Raccontaci il tuo cammino: studi, primo lavoro, secondo lavoro, insomma come ha fatto Giorgia
Massari a diventare Giorgia Massari? Questa domanda mi sembra troppo lusinghiera, mi spiego: non mi sento ancora “arrivata”, sto crescendo e sto accumulando esperienze. Per quanto riguarda i miei studi, sono sempre stata attratta dall’arte in ogni sua forma: fin da piccola disegnavo e sognavo di diventare una stilista, poi un’archeologa e poi un architetto. Ho infatti intrapreso gli studi presso il Liceo Artistico “Nanni Valentini” della Villa Reale di Monza, seguendo il corso di architettura e ambiente. Dopo uno stage in uno studio di architettura mi sono resa conto che quella non era la mia strada, seppur ancora adesso mi affascini particolarmente, perciò ho deciso di frequentare la facoltà di Scienze dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Milano. Lì mi sono sentita a casa, l’arte era protagonista: ho avuto modo di studiare teatro, archeologia, storia dell’arte, drammaturgia e tanto altro; appassionandomi particolarmente all’arte Orientale e Indiana.
Due stagioni artistiche con il Covid di mezzo. Come le hai affrontate? Personalmente non è stato facile, le mura di casa possono soffocare se le si guarda con la prospettiva sbagliata ma basta cambiare punto di vista. A marzo 2020 ero appena tornata da un viaggio di due mesi in Inghilterra e lo shock è stato sicuramente alto ma ho subito affrontato la situazione chiudendomi in camera a dipingere giorno e notte. La pittura è senz’altro una grande amica nei momenti difficili, ti permette di isolarti e di avere un obiettivo. Successivamente, l’estate ha portato con sé una dose in più di libertà che mi ha permesso poi di iniziare a collaborare con la galleria M.A.D.S. e parallelamente a lavorare come curatrice del Collettivo di danza “Ademan” che ha portato in scena la sua prima “Flus-si” proprio a fine estate 2020. Entrambe le realtà non si erano fermate, dando prova che la volontà a volte porta a traguardi impensabili, anche in tempo di crisi mondiale.
E’ possibile fare arte durante il lockdown? Come dicevo nella risposta precedente, non è impensabile riuscire a trovare un modo alternativo per continuare a lavorare in campo artistico nonostante le restrizioni. La galleria M.A.D.S. ne è senz’altro un esempio: mentre tutte le altre realtà espositive continuavano a posticipare gli eventi in programma, M.A.D.S. non ne annullava neanche uno, dando la possibilità a centinaia di artisti di continuare ad esporre e mostrare al mondo le proprie opere tramite mostre in streaming, accessibili a livello internazionale. Senza dubbio però, le disposizioni governative impediscono ai teatri, ai musei e a tutti gli spazi che accolgono l’arte di aprire, per tanto oggi giorno non è tanto “fare” che risulta impossibile ma è “mostrare” che lo è. Un grande mezzo che abbiamo in questo secolo è sicuramente la tecnologia e per tanto è bene sfruttarla in quanto, in questa situazione, è l’unico modo che ci rimane per vedere e mostrare l’arte in tutte le sue forme.
Di recente il Museo dei Fumetti di Milano era stato escluso dai contributi del Ministero per i Beni
Culturali, fino all’ intervento del Ministro Franceschini che, dopo essersi scusato per
l’inconveniente, ha ribadito che i fumetti sono arte; qual è la tua opinione in merito? Recentemente mi sono ritrovata ad interrogarmi su cosa fosse l’arte, se sia possibile dare una definizione universale ed oggettiva ma la risposta è “no”. A mio parere nessuno ha l’autorità di decidere cosa sia o non sia arte. L’arte risiede in tutto ciò che possiede un’anima, tutto ciò che viene creato dalle emozioni e dalle sensazioni, tutto ciò che lancia un messaggio, un’opinione, un’idea. In particolare, parlando di fumetti, essi provengono e derivano dall’arte giapponese ukiyoe, di cui sono fortemente appassionata, ciò avvalora ancor di più la mia tesi. Tutto è arte se alla base c’è creatività.
Quale tipo di media artistico preferisci? Pittura, scultura, fotografia, recitazione, o altro? Come nella scelta del piatto anche qui prevale la mia indecisione, è difficile sceglierne una. L’arte non è divisa a categorie nella mia mente. Penso che sia tutta una questione di emozioni e sensazioni. Si guarda qualcosa e se ne rimane abbagliati, stupefatti. È come un colpo di fulmine, un innamoramento improvviso sulla metro o un sorriso spontaneo nel guardare la luna. Sarò sincera, la maggior parte delle volte questa sensazione l’ho provata nell’ammirare dipinti e sculture. Alla National Gallery mi sarò innamorata cento volte, così come agli Uffizi, ma anche svogliando il libro d’esame di Archeologia greca.
Qual è la tua opera preferita in generale?
Il mio primo amore fu senz’altro Van Gogh e la sua “Notte stellata”, perdermi tra le stelle attraverso i suoi occhi e sentire il vento sulla pelle nell’ammirare i grandi cipressi ondeggianti è stato senza dubbio il mio primo vero incontro con la storia dell’arte. Un’altra opera che mi ha fatto sognare è la Venere di Botticelli, quando l’ho vista dal vivo non potevo crederci. Era enorme, piena di dettagli da guardare, sarei stata ad ammirarla per ore. Anche la scultura mi ha fatta sognare, come è possibile che un uomo senza i mezzi che possediamo oggi, sia stato in grado di realizzare da un pezzo di marmo una forma così sinuosa e morbida, così reale? Sto parlando della Pietà di Michelangelo, incredibile che esista davvero. Lo stesso vale per “Amore e Psiche” del Canova. Insomma, potrei stare qui ad elencare opere per ore..
Torniamo sul ludico…
Quale posto ti piacerebbe visitare avendone la possibilità?
Il Taj Mahal al tramonto; salire sulla Torre Eiffel in una sera limpida; visitare un tempio buddhista giapponese e perdermi tra i ciliegi in fiore; salire sull’Empire State Building e tanto altro. Viaggiare è la cosa che mi manca di più, non appena sarà possibile ho già pronta la valigia.
Se non lavorassi come Art curator, cosa vorresti fare?
Oltre alle mie grandi aspirazioni infantili quali stilista, architetto, designer… una cosa che mi ha sempre affascinato è la recitazione. Il mio maestro delle elementari mi ha sempre detto che possiedo un volto espressivo, anche se credo che scoppierei a ridere ad ogni battuta. Se avessi una bella voce mi sarebbe piaciuto fare la cantante ma la mia doccia rimarrà per sempre il mio unico pubblico.
Un’ultima domanda, cosa ne pensi di questa intervista?
Vi ringrazio nuovamente dell’invito, è stato molto interessante rispondere alle vostre domande.
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